domenica 29 settembre 2019

Riflessioni equinoziali

Qualche riflessione stimolata dal rito dell’equinozio di ieri, ma ricollegata ad alcune altre esperienze altrove. Se qualcuno si riconosce,  non si offenda: la mia non è una critica, non c’è un giudizio di merito e ritengo che ognuno sia libero di seguire il sentiero che preferisce per arrivare dove ritiene di dover arrivare. Mi limito a prendere atto di certi atteggiamenti in cui vedo comuni bisogni insiti nell’uomo o meglio inculcati da una certa cultura che finisce per plasmarli e, cosa che più mi preme sottolineare qui, inquinare il paganesimo nei suoi principi radicalmente diversi dal monoteismo imperante.
Quello che notavo è che alcune persone, e sono abbastanza, che si avvicinano o sono all’interno dell’ambiente pagano, amano in modo talvolta esclusivo tutte le pratiche che si suppone vadano ad aumentare le capacità psichiche dell’individuo:

lunedì 30 aprile 2018

La depressione è una Dea (ma lo stigma è cristiano)


Questa volta vi parlo di un saggio che solo collateralmente riguarda le religioni antiche, ma che ho trovato molto prezioso per capire la mentalità antica a confronto con quella cristiana in particolare  e monoteista in generale. Ecco un mio commento alla lettura di La depressione è una dea: i Romani e il male oscuro, di Donatella Puliga, Bologna, il Mulino, 2017.
Non è semplice parlare di questo libro perché non è un libro semplice. Anche se la scrittura scorre bene e non è mai pesante, richiede comunque un'infarinatura di cultura classica per poter essere apprezzato e non risultare noioso, più una discreta consapevolezza del significato clinico di "depressione".
Non si parla infatti di depressione nel senso comune del termine di tristezza, demotivazione e quegli altri significati che fanno sbottare i non depressi in una serie di consigli del tipo "datti una mossa", che tanto fanno arrabbiare chi soffre di depressione clinica. Chi soffre di depressione clinica endogena, sia unipolare che bipolare, anche se in un certo senso può "darsi una mossa" perché le attività e la routine aiutano a combattere la deriva, non ha le forze per farlo perché è malato. E questa è una realtà che chi non ha ben chiara la differenza tra depressione-brutto momento e depressione clinica fatica ad afferrare. La premessa a cura del prof. Cerù, psichiatra, mette ben in chiaro questa differenza. Le scoperte che evidenziano un difetto dei neurotrasmettitori, dell’amigdala, dell’ippocampo o del sistema limbico alla base non solo della depressione ma di altri disturbi di competenza della psichiatria sono molto recenti.
L'autrice va alla ricerca delle tracce di depressione nella cultura antica, senza mai commettere l’errore di spostare nel mondo antico la psicologia moderna o comunque concetti e idee che appartengono al nostro tempo e non al loro: dai testi greci sulla melanconia, ai testi letterari e filosofici in cui gli autori mostrano o discutono i sintomi di quella che oggi chiamiamo depressione.

venerdì 1 settembre 2017

Religione, fede, organizzazione

Come ormai sa chi mi segue, spesso i post su questo blog hanno origine da una qualche polemica; questo non fa eccezione, ma questa volta taglio tutto l'aspetto della specifica polemica per andare sul generico e direttamente alla questione che mi interessa.
La questione è questa: l'utilizzo della parola religione.
In ambito pagano, è una delle parole più controverse: c'è chi la usa, chi non la ama, chi preferisce dire "spiritualità"; sia dentro che fuori dell'ambito pagano (ma sono soprattutto gli atei a farlo) viene usata come sinonimo di fede e le due parole sono considerate intercambiabili. E' senz'altro una parola abusata e a me piace impiegarla per definire il cosiddetto paganesimo: è necessario però per farlo contestualizzarla e in questo post vorrei esaminare i più comuni fraintendimenti a riguardo, quasi tutti derivanti, a guardarli bene, da una cultura strettamente monoteista, anche se ad applicarli è un ateo o un pagano.
1) Religione e fede sono la stessa cosa.
Decisamente no. La parola fede, dal latino fides, ha già cambiato il suo significato originario entrando in  ambito monoteista: in latino è più vicino al nostro 'fiducia' che a quello che intendiamo per 'fede'. Parecchio tempo fa ho postato su questo blog il riferimento, con relativa discussione, ad un articolo di PaganPatheos "perché non mi fido degli dèi". Un pagano non si fida né si affida agli dèi: un pagano fa ed eventualmente accoglie, se c'è, un aiuto; affidarsi agli dèi per ottenere qualcosa è fare come quelle mamme che non prestano attenzione al loro bambino al supermercato, convinte che il mondo glielo guarderà. In entrambi i casi c'è mancanza di rispetto. Ricordo una persona intervenuta ad un rito della Federazione Pagana, dove si accendono fuochi alti parecchi metri che inevitabilmente qualche scintilla mandano in giro, con le immagini delle sue divinità... in cartone!

domenica 20 agosto 2017

Zeus e il mondo ordinato

Ultimamente sto trascinando la lettura di Plethon: the last of the Hellenes, di Woodhouse (Pletone, l'ultimo degli Elleni), che dovrebbe essere una delle letture preparatorie ad un libro che vorrei scrivere su Giorgio Gemisto Pletone. Trascinando perché, a parte il fatto che il libro è in inglese e non l'hanno mai tradotto in italiano, è molto incentrato sulla controversia tra Pletone e Scolario se sia migliore filosofo Platone o Aristotele e quale dei due sia più aderente alla teologia cristiana. 
Devo ridimensionare le mie aspettative su Pletone per quanto ho letto finora... 
Ma non è questa la ragione principale di questo post, anche se sto cercando di mettere a frutto un po' di informazioni ottenute fino a qui.
Parliamo invece di Zeus, che ad un certo punto della religione greca ottiene una posizione di preminenza che non ha sempre avuto, nel mito e nei pantheon delle varie poleis (perché, prima dell'età alessandrina, ogni polis aveva i propri culti e se a Zeus comunque veniva riconosciuta una certa preminenza, non era certo la divinità suprema ovunque). Per capire come mai sia successo, guardiamo al concetto di Cosmo.

lunedì 31 ottobre 2016

Di cosa parlate quando parlate di Dèi?

Mi tocca arrivare alla vigilia di Samhain (Halloween se preferite) per leggere quella che potrebbe essere definita una sorta di "bestemmia" pagana. La frase in questione suona più o meno così:
"noi onoriamo tutti gli dèi, anche quelli monoteisti, perché sono sempre dèi"
Eh?
Diciamo diplomaticamente che è un'affermazione lontana anni luce dal mio modo di concepire il paganesimo. Un po' meno diplomaticamente, ho visto Minerva togliersi l'elmo e dare una sonora testata al muro. Trovo questa affermazione di una superficialità e di una zuccherosa volontà di "peace and love" a tutti i costi assolutamente irritante. E visto che ho fatto un'affermazione a mia volta molto pesante, la spiego, com'è nel mio stile.
Intanto: di cosa parliamo quando parliamo di Dèi?
Sostanzialmente indichiamo e spesso e volentieri confondiamo due cose:
1) La percezione di un numinoso, di un'essenza divina, di una volontà, di una coscienza (come preferite) nel mondo: questa è quella che Walter Otto chiama teofania, l'apparizione del dio da cui poi discendono rito e mito.
2) La costruzione che si fa attorno a quella percezione, costruzione che dipende dalla cultura di chi percepisce. Questo per gli antichi era piuttosto chiaro, tanto che quando applicavano l'interpretatio e cioè traducevano un dio da una cultura all'altra lo facevano appunto sulla base della cultura e non della collocazione gerarchica.

giovedì 29 settembre 2016

Ultime vicende del Bosco Sacro di Jesolo: commento ai commenti

Immagino che là dove questo post arriverà, siano arrivate anche le notizie dei fatti a cui mi riferisco. In breve: poco prima del rito dell'Equinozio d'Autunno 2016 un cacciatore si è messo a sparare nel Bosco Sacro di Jesolo, vicino allo spiazzo dove si tengono i riti. In quel momento il rappresentante eletto (Pontefice, ci torniamo dopo) della Federazione Pagana era da solo, dopo un diverbio il cacciatore l'ha aggredito a pugni e gli ha strappato la macchina fotografica di mano, gettandola in canale. Grazie al proprietario del terreno su cui sorge il Bosco Sacro, la macchina è stata recuperata dal canale e la scheda di memoria trasmessa alla polizia per l'identificazione del tizio. Sono usciti articoli su La Nuova Venezia (25 e 29 settembre) e sul Gazzettino (27 e 29 settembre); per gli articoli potete vedere a questo link: http://www.federazionepagana.it/indicearticoli.html per la storia del Bosco Sacro invece qui: http://www.federazionepagana.it/boscosacro.html

Taglio corto perché in questo post mi interessa rispondere, in maniera più duratura rispetto alle discussioni su Facebook, ad alcuni commenti che sono stati fatti in merito alla vicenda. In qualche caso qualcuno potrebbe chiedermi "Perché lo fai? Vale la pena di rispondere a questi?" Per la mia esperienza, vale la pena. Perché anche se in qualche caso il commento nasconde palesemente insinuazioni e antipatie, lo stesso pensiero ma senza retroscena potrebbe venire in mente anche a qualche "passante" della rete. Che leggendo anche questi commenti, spero, può avere delle risposte senza essere confuso con i provocatori (se vi riconoscete in queste frasi, non abbiate la coda di paglia: non tutti quelli che le hanno dette sono provocatori, davvero).

1) A nessun'altra realtà pagana succedono queste cose

mercoledì 4 maggio 2016

Cristianesimo, paganesimo e individualità religiosa

Si sente a volte dire che il cristianesimo avrebbe introdotto l'io nella religione: a differenza di quelle antiche che erano collettive, il cristianesimo richiede adesione individuale, personale. In realtà si potrebbe piuttosto dire il contrario: il cristianesimo introduce la religione (nel senso cristiano di legame) nell'io. Infatti in primo luogo non è che nelle religioni precristiane l'io non partecipasse alla religione (la religio nel senso ciceroniano del termine, che è il mio preferito, è l'attenzione, lo scrupolo, nel gesto religioso, e da dove viene questa attenzione se non da un io che compie il gesto?), in secondo luogo la fede e l'adesione richieste dal cristianesimo sono atti prevalentemente emotivi che per essere veri devono essere totali e totalmente aderenti al dogma, altrimenti si è in errore, si è peccatori (manchevoli). 
Prima del cristianesimo si richiedeva a tutti l'adesione ai riti civici in quanto questi costituivano riconoscimento pubblico della propria appartenenza ad una comunità e dell'interesse al benessere di questa; la mancanza di guerre di religione e l'istituto dell'interpretatio rendevano il rito civico non esauriente della religiosità dei singoli e relativamente alla sfera privata ed emotiva non c'era ingerenza. Si poteva, ad esempio, aderire ad una particolare corrente filosofica con una determinata opinione sugli Dèi, ma non per questo si era in errore, se non agli occhi di chi aderiva alla corrente rivale. Il tutto rimaneva nella sfera privata, dove l'adozione di culti particolari, a qualsiasi titolo, era consentita purché non in contrasto con le leggi.